Investimenti

I driver che influenzano la correlazione azioni-bond

9 dicembre 2022

Quando si costruisce un portafoglio di investimento l’obiettivo principale è quello di massimizzare i rendimenti e ridurre al minimo i rischi. Più si ha un’ottica di lungo termine e maggiori sono le probabilità che i propri investimenti possano soddisfare i propri obiettivi finanziari e le proprie esigenze. L’asset allocation di un portafoglio dipende soprattutto dalla tolleranza al rischio dell’investitore. Comunemente il rischio è misurato attraverso la volatilità: essa esprime la variazione del prezzo di un titolo o di un insieme (indice) rispetto al suo valore medio. Maggiore è la volatilità e più ampie e frequenti saranno le oscillazioni del prezzo intorno alla media. Tuttavia, è errato considerare la volatilità unicamente come una forza a ribasso, in quanto essa può essere vantaggiosa per l’investitore se i prezzi fluttuano corposamente a rialzo. La volatilità e quindi il rischio statistico possono essere minimizzate attraverso la diversificazione tra asset class e all’interno delle stesse, inserendo in portafoglio strumenti con una correlazione bassa o negativa.

Il mercato azionario è storicamente più volatile di quello obbligazionario ed è considerato più rischioso dagli investitori. I portafogli sono quindi costruiti allocando il proprio capitale tra azioni e obbligazioni. Ciò avviene per via della storica correlazione negativa tra queste due asset class, che dovrebbe diminuire i ribassi del portafoglio, i drawdown, durante fasi negative per l’azionario, frenando però i potenziali rendimenti del portafoglio. Le obbligazioni, infatti, offrono rendimenti decisamente più bassi, nel medio-lungo termine, rispetto all’azionario. Se da una parte vengono in aiuto quando l’azionario entra in fasi di bear market, dall’altra, in fasi espansive, si sacrifica un certo ammontare di rendimento: il capitale investito nei titoli obbligazionari rimane bloccato al tasso a cui si è acquistato il titolo, e non ottiene i benefici della crescita dell’azionario che invece spinge a rialzo il capitale allocato negli strumenti azionari.

Un portafoglio bilanciato tra azioni e obbligazioni consente di soddisfare al meglio le esigenze di quegli investitori maggiormente avversi al rischio. In un articolo che pubblicheremo nelle prossime settimane, analizzeremo però come le obbligazioni non siano l’unico strumento capace di ridurre il rischio e la volatilità, e che sia possibile farlo anche rimanendo investiti nell’azionario. Inoltre, la volatilità calcolata sui dati passati non è l’unica misura da considerare quando si valuta il rischio di un portafoglio!

Perchè la correlazione tra azioni e obbligazioni è inversa?

L’economia non è statica bensì dinamica e si dispiega sulla base di cicli. Vi sono cicli di espansione dell’economia, quindi di crescita e fasi in cui l’economia si contrae (recessioni o peggio depressioni). Nelle fasi di espansione le politiche monetarie sono accomodanti, stimolano la domanda, consentendo una maggiore capacità di ottenere denaro in prestito. Questo aumenta i consumi, i redditi e gli utili delle aziende quotate. Se gli utili aumentano i prezzi azionari seguono la tendenza a rialzo, spinti ulteriormente da 1) ottimismo diffuso 2) denaro preso a prestito riversato sugli asset finanziari. D’altra parte, essendo i tassi di interesse bassi, quasi pari a 0 , come successo nell’ultimo decennio, le obbligazioni offrono rendimenti non appetibili per gli investitori che preferiscono rischiare di più investendo nell’azionario. Quando però l’economia si contrae entrando in recessione, gli investitori considerano più sicuro e meno rischioso allocare il capitale in titoli obbligazionari, disinvestendo dall’azionario. Quando i tassi di interesse vengono tagliati dalle Banche Centrali per sostenere l’economia, i prezzi delle obbligazioni aumentano, mentre quelli delle azioni diminuiscono per via di uno stato di salute precario dell’economia.

Le decisioni degli investitori tra lo scegliere azioni o obbligazioni è guidata in parte dal c.d. Equity Risk Premium: quando il premio per il rischio di investire nell’azionario, in termini di rapporto tra utili/Prezzo (oppure dividendo/prezzo) è sufficientemente maggiore del rendimento offerto dai titoli obbligazionari allora si preferisce investire in azioni. Secondo Morgan Stanley l’ERP dovrebbe essere di +4 punti percentuali per indurre gli investitori a “rischiare” di più spingendo ulteriormente a rialzo le valutazioni azionarie e generando un rally.

Recessione e crescita economica non sono gli unici scenari possibili. Di conseguenza esistono delle situazioni macroeconomiche in cui la correlazione negativa tra azioni e obbligazioni viene meno…creando non pochi problemi ai portafogli: prezzi azionari e obbligazionari si muovono nella stessa direzione. Ciò accade quando l’inflazione aumenta a dismisura e le banche centrali decidono di alzare di molto i tassi di interesse per frenarla, raffreddando la domanda e quindi l’economia. Vi è una relazione inversa tra tassi di interesse e prezzi obbligazionari.

Un evento che si verifica raramente: 2022

È proprio quello che è successo nel 2022. Il risultato? I portafogli bilanciati tra azioni e obbligazioni, come lo storico 60/40, hanno registrato la performance peggiore degli ultimi 100 anni da inizio 2022 ad oggi. L’inflazione, l’aumento dei tassi, lo spettro di una recessione (che in qualche modo si manifesterà nel 2023), la guerra, le tensioni geopolitiche, hanno spinto a ribasso la maggior parte dei mercati azionari internazionali. Mentre per le obbligazioni, l’aumento repentino dei tassi di interesse ha determinato una riduzione dei loro prezzi.

Nel grafico le performance annuali di un portafoglio 60% obbligazioni e 40% azioni: in rosso la peggiore di sempre, nel 2022.

Un portafoglio bilanciato non avrebbe quindi aiutato gli investitori avversi al rischio a contenere le perdite, riscontrando corposi livelli di volatilità. Osservando gli indici che misurano la volatilità dell’azionario (VIX) e dell’obbligazionario (MOVE), si nota come siano in rialzo rispettivamente del 23% e del 51%   da inizio anno. La maggior parte degli investitori considera come unica soluzione alla volatilità l’inserimento in portafoglio di titoli obbligazionari (o di ETF che ne replicano l’andamento). Storicamente ciò ha funzionato, ma non quest’anno!

Secondo BlackRock, dal 1929 ci sono stati solo 4 anni in cui le obbligazioni non sono salite quando le azioni sono scese: nel 1931, nel 1941, nel 1969 (scenario simile a quello odierno) e nel 2022.

Cosa influenza realmente la correlazione tra azioni e obbligazioni?

La correlazione tra asset class o anche ad esempio tra settori economici, non è statica bensì dinamica. È errato pensare che ciò che è accaduto in passato (quindi i dati storici su cui si basa il calcolo della correlazione tra due variabili) possa spiegare con certezza l’evolversi del futuro. Inoltre, è sbagliato applicare sempre la correlazione storica calcolata sul lungo termine, al breve termine: come mostrato dalla correlazione tra azioni e obbligazioni nel 2022, la “legge” quest’anno non è stata rispettata. Un investitore consapevole deve ragionare, individuando quegli elementi che potrebbero mettere in discussione lo status quo, in modo da prendere decisioni di investimento intelligenti. Di seguito verranno forniti alcuni di quegli elementi che influenzano la correlazione tra azioni e obbligazioni e quando il manifestarsi di questi inducono queste due asset class a muoversi nella stessa direzione.

Bisogna comprendere i driver che guidano e cambiano il legame statistico sottostante ad azioni e obbligazioni. È fondamentale precisare come tali driver potrebbero cambiare radicalmente il rapporto tra le due asset class, in quanto alcuni di questi potrebbero persistere, diventando dei fattori strutturali e dando vita ad un nuovo paradigma. Secondo il noto investitore Ray Dalio un paradigma economico può durare anche più di un decennio.

Potremmo infatti assistere ad un decennio in cui inflazione e tassi di interesse alti (rispetto ai target) potrebbero diventare un fattore persistente. D’altronde, è la prima volta che le Banche Centrali attuano un Quantitative Tightening dopo un lungo periodi di Quantitative Easing.

Il contesto macroeconomico e politico potrebbe quindi cambiare a favore di una correlazione equity-bond positiva nel medio termine e non solo nel breve. Osservando la storia, si nota come ciò sia possibile. Dal grafico si nota come la correlazione quinquennale dal 1930 al 2021 sia stata quasi sempre positiva e che la correlazione negativa tra azioni e obbligazioni sia un fenomeno recente.

Comprendere il legame statistico tra queste due asset class significa capire quali sono i fattori intrinseci alle azioni e alle obbligazioni che guidano la loro correlazione: è necessario avere chiaro la logica del perché azioni e obbligazioni si muoveranno in una specifica direzione.

Sintetizzando, i fattori da considerare per capire la correlazione tra azioni e obbligazioni sono:

Tassi di interesse: un aumento dei tassi di interesse reali spinge nella stessa direzione azioni ed obbligazioni, soprattutto quando è diffusa una rilevante incertezza economica. Di conseguenza in tale situazione la correlazione è positiva (con entrambe che si muovono a ribasso). Il grafico seguente mostra come la correlazione tra azioni e bond segue la volatilità dei tassi di interesse reali.

Inflazione: quando il tasso di crescita dei prezzi generale aumenta al di sopra dei target delle Banche Centrali, la correlazione tra azioni e obbligazioni diventa positiva. Ciò accade, in particolare, quando l’inflazione supera il 3% come si osserva dal grafico. L’inflazione erode il valore degli interessi pagati dalle obbligazioni emesse ed è quindi necessario aumentare il rendimento, diminuendo i prezzi. Per le azioni, le società aumentano in un primo momento il fatturato per via di prezzi più alti, ma poi gli investitori iniziano a scontare nei prezzi azionari i futuri aumenti dei tassi di interesse. Quando il tasso di inflazione supera il 3% annuo la correlazione è stata positiva nel 98% dei casi, dal 1926.

– Equity Risk Premium e Bond Risk Premium (stagflazione): quando il premio per il rischio di investire in azioni è alto allora gli investitori si catapultano sul mercato azionario; quando il premio per il rischio di investire in obbligazioni è alto gli investitori scelgono invece di investire in bond. In tal caso la correlazione è negativa. Tuttavia, se l’inflazione è molto alta e persistente, i tassi di interesse sono stati già aumentati di molto e l’economia è in recessione (poco spazio per le Banche Centrali che non possono ancora aumentare i tassi), gli investitori non preferiranno né le azioni né i bond ma la liquidità. Di conseguenza la correlazione è positiva.

Politica monetaria pro/anticiclica: la politica monetaria è anticiclica quando i tassi di interesse sono aumentati quando l’economia è forte, mentre è detta pro-ciclica quando i tassi sono aumentati ma l’economia è debole. Il regime anticiclico dal 1950 al 1970 è coinciso con correlazioni negative tra azioni e obbligazioni, mentre nel regime pro-ciclico dal 1970 al 2000 la correlazione è stata positiva.

Quando si costruisce un portafoglio bilanciato è bene quindi comprendere cosa realmente guida la correlazione tra azioni e obbligazioni, ragionando su quale potrebbe essere il paradigma e lo scenario macroeconomico futuro.

Il portafoglio 60/40 è davvero morto?

È così per chi pensa e giudica attraverso un’ottica di breve periodo. Il 2022 non è stato di certo l’unico anno di ribassi, seppur rari. Il rendimento annualizzato del 60/40 è di circa il 9% (dal 1927 ad oggi). È fondamentale comprendere che più si allarga l’orizzonte temporale e meno è probabile osservare un rendimento negativo: secondo Vanguard, considerando 1 mese i rendimenti sono stati negativi 1/3 delle volte negli ultimi 27 anni, mentre se l’orizzonte temporale è di 5 anni allora la % delle volte in cui è stato negativo si riduce al 5%.

Questo è il motivo per cui non dovresti mai osservare continuamente l’andamento del tuo portafoglio (se costruito efficacemente): aumenti solo la probabilità di osservare una performance negativa! Ciò che conta per un investitore consapevole è il lungo termine, e solo sulla base di questo dovrebbe essere costruita una strategia. Non è detto che il 60/40 sia il portafoglio migliore, in quanto una corretta pianificazione finanziaria si basa sugli obiettivi, sull’avversione al rischio e sull’orizzonte temporale della persona.

Fonti:

  • Vanguard
  • Moody’s
  • BlackRock
  • Schroders

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Nota bene: lo scopo dell’articolo è esclusivamente didattico ed esso non deve intendersi come la promozione di un particolare investimento. Tutti i marchi citati sono dei relativi proprietari.