Investimenti

Dividend Growers vs. High Dividend: quale scegliere?

17 febbraio 2023

I pro e i contro di una strategia orientata ai dividendi

La costruzione di un portafoglio di investimento nasce dalle caratteristiche e dalle esigenze individuali dell’investitore, o meglio dai suoi obiettivi finanziari, dal suo orizzonte temporale e dalla sua tolleranza al rischio. Si investe principalmente per due motivi:

  1. Proteggere il proprio capitale dall’inflazione, generando un suo apprezzamento.
  2. Creare una rendita periodica attraverso cedole obbligazionarie, dividendi e/o investimenti alternativi (es. immobiliare)

Nel primo caso, il potere dell’interesse composto gioca un ruolo fondamentale in quanto consente di aumentare nel lungo termine il valore del capitale investito proprio come se fosse una palla di neve che viene lanciata dalla cima di una montagna e rotolando  diventa sempre più grande. A differenza di una strategia orientata alla costruzione di una rendita periodica, sfruttare l’interesse composto presuppone che il rendimento generato nel tempo venga reinvestito continuamente. Gli importi ottenuti periodicamente potrebbero non essere reinvestiti, o anche se ciò fosse l’obiettivo dell’investitore, sarebbero decurtati, all’emissione, dalle imposte e dalle tasse, riducendo gli effetti dell’interesse composto.

Tuttavia, a differenza dei titoli obbligazionari, le azioni (quando possibile) consentono non solo di ottenere un importo sotto forma di dividendo, ma anche di accrescere il valore del capitale investito, attraverso un aumento del prezzo azionario della società. Ciò che potrebbe però frenare un investitore dallo scegliere di inserire in portafoglio società del genere è che si potrebbe preferire che l’azienda investisse l’utile generato al suo interno per favorire un miglioramento del business nel medio-lungo termine, invece che distribuirlo agli azionisti. Per questo motivo, spesso le società che distribuiscono un dividendo, soprattutto da molti anni, sono considerate mature, e con una crescita degli utili molto stabile, ma non eccessiva. Nonostante ciò, ti invitiamo ad analizzare in maniera approfondita i motivi per cui una società potrebbe (non) seguire una politica di dividendi, in quanto ogni azienda ha le proprie strategie e la propria storia. Con le obbligazioni invece si avrà la certezza di quanto verrà restituito a scadenza e del rendimento cedolare, senza alcun apprezzamento del capitale nel lungo termine oltre un certo limite.

Generalmente, quando un’azienda decide di distribuire un dividendo agli azionisti significa che tale scelta rappresenta la migliore decisione in merito a ciò che si potrebbe fare dell’utile generato in un determinato periodi di esercizio. Ogni azienda dovrebbe perseguire l’obiettivo di soddisfare pienamente le aspettative dei propri azionisti, garantendo loro la migliore gestione possibile del profitto. Una società nuova con ampie potenzialità di crescita futura dovrebbe fare di tutto per aumentare il rendimento intrinseco del business adottato, investendo in maniera accurata ed intelligente l’utile, o meglio la liquidità a disposizione, in nuovi progetti o nell’espansione della società. Si ricorda come vi sia una stretta relazione tra crescita degli utili di un’azienda e del suo valore di Borsa, quindi della sua capitalizzazione. Berkshire Hathaway, la nota holding finanziaria di Warren Buffett e Charlie Munger non distribuisce dividendi, eppure ha una lunga storia alle sue spalle. In tal caso, l’obiettivo di Buffett è quello di sfruttare il più possibile l’interesse composto, reinvestendo l’utile generato, nell’acquisto di nuove azioni.

In altri casi, il Consiglio di Amministrazione potrebbe decidere di acquistare azioni proprie, attraverso pratiche di share buy back, riducendo il numero di azioni in circolazione e spingendo a rialzo il prezzo delle azioni. Ma anche in tal caso, non sempre si tratta della scelta migliore, in quanto potrebbe acquistare i propri titoli azionari ad un prezzo troppo alto, soprattutto in fasi economiche in cui il mercato appare sopravvalutato.

Una società potrebbe decidere di non distribuire un dividendo anche per migliorare la sostenibilità del proprio debito, soprattutto a breve termine, riducendone  i costi associati, in particolare quando i tassi di interesse vengono aumentati dalle Banche Centrali.

La scelta tra una strategia orientata ai dividendi e una strategia che privilegia l’apprezzamento del capitale nel tempo, dipende essenzialmente dall’orizzonte temporale dell’investitore e dal capitale a disposizione. Un investitore giovane con un orizzonte di investimento di oltre 30 anni dovrebbe preferire un incremento del valore del portafoglio nel lungo termine, giovando della magia dell’interesse composto. Ciò è ancora più vero quando inizialmente non si ha un capitale elevato da investire, ma lo si vuole costruire per soddisfare obiettivi come, ad esempio, l’acquisto di una casa o il mantenimento di un certo tenore di vita al pensionamento. Per questo motivo, un giovane ha anche dalla sua parte l’opportunità di costruire un portafoglio maggiormente esposto ad asset “più rischiosi” come le azioni, il cui rischio diminuisce se si allarga l’orizzonte temporale, si ha diversificato in maniera efficiente, e si hanno minimizzato i costi. Per un giovane ciò che conta è il lungo periodo e non gli eventi di breve termine, e storicamente il mercato azionario rappresenta la migliore asset class per mettere il turbo alle performance del proprio portafoglio.

A differenza di un giovane, o meglio di un investitore con un orizzonte temporale ampio, un individuo che presenta delle necessità di breve periodo e che ha la possibilità di investire fin da subito un capitale corposo, potrebbe decidere di esporsi in misura maggiore a strumenti finanziari capaci di:

– garantire con un’alta probabilità la protezione del capitale nel breve termine;

– generare un flusso di reddito costante e stabile.

Basti pensare a chi è più avanti con l’età, prossimo al pensionamento, che vorrebbe ottenere una rendita periodica da aggiungere alla propria pensione in modo da mantenere inalterato il proprio tenore di vita, e che è avverso a variazioni più marcate del valore del portafoglio in determinate fasi economiche. Come si leggerà a breve, infatti, società che distribuiscono un dividendo da tanti anni, sono più stabili e spesso meno soggette alle turbolenze del ciclo economico. Anche le obbligazioni svolgono un ruolo che è più opportuno per coloro il cui orizzonte temporale è di breve durata e/o che necessitano di una rendita periodica.

Le società che distribuiscono un dividendo (non tutte!) sono infatti mature, presentano un’ottima profittabilità e un ottimo stato di salute finanziaria. Queste caratteristiche consentono loro di resistere anche a profonde crisi, riducendo i drawdown e la volatilità in un portafoglio. Una minore volatilità dei prezzi azionari dipende soprattutto da una variazione degli utili più bassa durante quelle fasi economiche che riducono la capacità di spesa dei consumatori e di prendere a prestito denaro.

Inoltre, le società che distribuiscono una parte dell’utile agli azionisti, durante una contrazione dell’economia, potrebbero essere maggiormente portate a tagliare altre voci di spesa, piuttosto che il dividendo. Alcune ricerche accademiche mostrano come in periodi di instabilità economica, gli utili sono più volatili rispetto ai dividendi. Per un’azienda che distribuisce e aumenta il dividendo da decenni, tagliarlo o peggio eliminarlo potrebbe essere una chiara sconfitta e un grave segnale di allarme per gli azionisti che potrebbero decidere allora di vendere le proprie posizioni facendone crollare il valore di mercato.

Non solo le società che aumentano e distribuiscono dividendi da anni possono minimizzare il rischio del proprio portafoglio, ma potrebbero anche migliorarne le performance nel lungo termine. Il dividendo è infatti considerato dalla letteratura economico-finanziaria moderna come uno di quei fattori capaci di spiegare l’excess-return rispetto al mercato di questo tipo di aziende. Si parla in tal caso di factor investing. Gli investitori potrebbero infatti privilegiare e premiare nel lungo termine le aziende più solide e con ottimi business, le quali sono di solito quelle che adottano una politica dividend grow. Dividendi in aumento rappresentano un segno di redditività futura e sono infatti molti gli studi che dimostrano che i rendimenti da dividendo sono stati forti indicatori di crescita degli utili e quindi dei prezzi in Borsa. I dividendi svolgono un ruolo importante nella generazione del rendimento totale del mercato azionario: dal 1926 al 2021, i dividendi hanno contribuito per circa il 32% del rendimento mensile complessivo dell’S&P 500.

Spesso queste società sono considerate value, anche se prendendo in esempio un ETF Value, si può notare che tra le società replicate vi sono anche aziende cicliche, a differenza di un ETF Dividend Aristrocrats, le cui società tendono ad avere una maggiore trazione defensive, quindi slegate dall’andamento ciclico dell’economia. E se ciò non bastasse, è curioso osservare come l’S&P Dividend Aristocrats sia esposto anche a società growth, per il 42% in media (57% value). Inoltre, l’S&P 500 Dividend Aristocrats risulta essere molto più diversificato rispetto ad altri indici. I principali settori difensivi sono il consumer staples, l’healthcare, le utilities e in parte quello finanziario. Ragionando in merito alle caratteristiche intrinseche di questi settori si può ben capire come sia logica una loro maggiore resilienza a condizioni in cui l’economia risulta essere sotto stress: anche in periodi di crisi gli individui continueranno ad acquistare cibo, medicine e ad usufruire dei servizi di pubblica utilità (es. energetici, idrici).

Oltre, quindi, alla possibilità di creare un flusso di reddito periodico e stabile con i dividendi distribuiti da queste società, si ha la possibilità di migliorare il grado di diversificazione del portafoglio, esponendosi a settori defensive. Ci saranno ovviamente dei periodi in cui il mercato avvantaggerà società più cicliche e appartenenti a settori in crescita, in particolare in fasi in cui i tassi di interesse sono bassi e vi è una maggiore fiducia nel futuro, quindi una minore incertezza e una più alta propensione al rischio.

Dividend Growers vs. High Dividend

Tuttavia, in molti commettono l’errore di pensare che tutte le società che distribuiscono un dividendo possano realmente migliorare la qualità del proprio portafoglio. È infatti fondamentale distinguere tra le società che distribuiscono un dividendo elevato (High Dividend) e le società che distribuiscono e aumentano il dividendo da decenni, come le Dividend Aristocrats (incrementano il dividendo da oltre 25 anni).

Puoi approfondire le Dividend Aristocrats in un nostro articolo pubblicato non molto tempo fa, cliccando qui.

Si potrebbe infatti cadere in inganno, facendo influenzare le proprie scelte di investimento da un rendimento da dividendo elevato. Basti pensare alle azioni italiane che erogano dividendi elevati rispetto alla media globale ma che negli ultimi decenni hanno ampiamente sottoperformato i principali indici mondiali. Le società che aumentano i dividendi mostrano storicamente una maggiore qualità rispetto a quelle che pagano un dividendo elevato, per via dei buoni fondamentali che consentono loro di capitalizzare al meglio i propri flussi di reddito. Una strategia Dividend Growth potrebbe essere quindi la migliore, per alcuni motivi:

Maggiori probabilità di tagli ai dividendi: un taglio del dividendo rappresenta un segnale di allarme per gli investitori. Secondo una ricerca che copre il periodo dal 1973 al 2021, le società che hanno tagliato i dividendi hanno subito rendimenti peggiori tra le società che erogano dividendi, con una volatilità annua del 25%, rispetto al 16% delle Dividend Growers. Nel 2020, con lo scoppio della crisi pandemica, i tagli ai dividendi erano del 30% più alti nei titoli con un elevato dividend yield: il 36% dell’indice S&P 500 High Dividend Index ha tagliato i dividendi nel 2020, mentre ciò è accaduto per solo il 7,2% delle componenti dell’S&P High Yield Dividend Aristocrats.

Politiche dei dividendi insostenibili: società che presentano un elevato dividend yield, solo per attrarre più investitori, potrebbero non essere capaci di continuare a pagarlo anche in futuro. Condizioni economiche avverse potrebbero contrarre gli utili di queste società e quindi la loro capacità di erogare un dividendo. Infatti, una parte di queste aziende sono anche cicliche, quindi più inclini al ciclo economico, a differenza delle Dividend Growers, nella maggior parte dei casi appartenenti a settori difensivi, o in ogni caso con ottimo un track record di utili.

Bassa diversificazione: le società che distribuicono dividendi elevati sono poche. Ad esempio, le prime 10 partecipazioni dell’indice MSCI World High Dividend Yield rappresentano il 24% del totale (con l’healthcare e il consumer staples che occupano il 40% dell’indice). Al contrario, i primi 10 titoli dell’MSCI World Dividend Masters ne rappresentano il 4% (e i settori citati costituiscono il 22%).

Le società High Dividend sono più indebitate rispetto alle Dividend Growers: un dividendo elevato potrebbe essere semplicemente il risultato di un indebitamento maggiore da parte dell’azienda che nel tentativo di attrarre più investitori possibili potrebbe utilizzare la leva finanziaria e ricorrere al debito. In tal caso, il dividendo non deriva dalle capacità dell’azienda di ottenere più valore possibile dal proprio business, ma dal contrarre debito. Lo S&P High Dividend Aristocrats presenta un long-term debt-to-equity ratio del 40,4% rispetto al 49,6% dell’S&P 500 High Dividend Index. Dal grafico si può osservare come le High Dividend presentino una minore profittabilità (ROE) e una crescita degli EPS più bassa rispetto alle Dividend Growers

Le società con una lunga e consolidata storia di dividendi in aumento potrebbero fornire un’opportunità di investimento vantaggiosa in un contesto recessivo e di tassi di interesse elevati, come nel 2023. Si tratta di titoli di qualità e poco rischiosi e in uno scenario in cui gli investitori diventano maggiormente avversi al rischio, possono rappresentare un ottimo rifugio. Per gli investitori, osservare una storia passata di successi significa avere maggiori sicurezze in merito al futuro. Basti pensare che, considerando l’S&P High Dividend Aristocrats, gli anni consecutivi di aumento dei dividendi delle sue componenti è in media pari a 37, con otto società con 59 anni consecutivi di aumenti. Dal grafico si può notare come le Dividend Growers possano offrire una maggiore protezione durante le fasi di bear market: considerando il periodo dal 1999 al 31 marzo 2022, nei mesi peggiori dell’S&P Composite 1500, si osserva come lo S&P 500 Div Arist sia sceso di meno rispetto alle High Dividend e allo stesso indice S&P composite 1500.

Nel grafico, invece, il confronto tra l’andamento dell’S&P High Dividend Aristocrats Index e l’S&P composite 1500 (che copre il 90% della capitalizzazione di mercato delle azioni statunitensi). Il primo ha nettamente sovraperformato l’indice azionario tradizionale e lo ha fatto anche una volatilità minore (9% vs. 10% circa)

Tuttavia, è bene precisare che in un contesto in cui i tassi di interesse aumentano, le obbligazioni potrebbero diventare più appetibili rispetto anche ai titoli Dividend Aristocrats, nel caso in cui il rendimento cedolare dei bond fosse maggiore del rendimento da dividendo: gli investitori orientati al breve periodo potrebbero preferire le obbligazioni, essendo ancor più sicure rispetto ai titoli azionari di qualità. Tuttavia, le Dividend Growers potrebbero fornire nel medio-lungo termine una maggiore protezione contro l’inflazione: il tasso di crescita dei dividendi dell’S&P High Dividend Aristocrats è stato di circa il 10% negli ultimi 7 anni (del 13% in Giappone), maggiore anche del picco raggiunto dal tasso di inflazione USA nel 2022.

Fonti:

  • BlackRock
  • CNBC
  • S&P Dow Jones Indices
  • Yahoo Finance
  • Yardeni Research

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