Mercato Azionario

Apple: azione
value, growth
o entrambe?

27 giugno 2021

I parametri relativi

“The Company designs, manufactures and markets smartphones, personal computers, tablets, wearables and accessories, and sells a variety of related services.”

Questa è la descrizione che Apple, la società più grande al mondo, dà di se stessa nel suo ultimo report annuale. Tra gli elementi citati in questa frase, gli ultimi tre, Wearables, Accessories e Services stanno assumendo un’importanza sempre maggiore per la società di Cupertino.

Apple occupa una grossa porzione dello S&P 500, del Nasdaq 100, del DJIA, del Morningstar US Market Index e di molti altri indici, nonché dei portafogli di migliaia di investitori istituzionali e diversi fondi sovrani governativi.

Anche moltissimi investitori individuali possiedono azioni di Apple: da un sondaggio che abbiamo effettuato è emerso che il 51% di essi investe in questa società, direttamente o attraverso fondi indicizzati o ETF.

Apple Nabila

Apple è un’azienda value o growth?

Non è facile rispondere, sia perché il confine tra queste due categorie è sempre meno netto, sia perché Apple può contare su un ecosistema di prodotti e servizi unico nel suo genere che le consente di far leva sui suoi molteplici vantaggi competitivi. Bisogna però prima capire se questa domanda abbia senso. Inserire (o rimuovere) una società da indici value o growth significa automaticamente inserirla (o rimuoverla) dal portafoglio di ETF o fondi passivi che tracciano questi indici e può influire anche sui benchmark dei fondi a gestione attiva, e sulle loro scelte di investimento e disinvestimento. La questione ha quindi senso, perché vi sono miliardi di dollari che si spostano quando tali classificazioni vengono modificate.

Le azioni value, in generale, possono contare su un business solido sia dal punto di vista competitivo che da quello finanziario: gli investitori value si aspettano di comprare le azioni a prezzi che considerano relativamente bassi e di ricevere dividendi, ma solitamente non prevedono una crescita del prezzo di molto superiore alla media.

Al contrario, molte delle società growth non sono ancora in grado di produrre utili in maniera stabile, oppure producono utili molto bassi, pur con una crescita (attuale o attesa dal mercato) molto elevata nel volume del loro business, ma allo stesso tempo spendono molte risorse nell’ampliamento dei loro affari, sia per ricerca e sviluppo che in ambito gestionale e amministrativo. Per questo, gli investitori growth cercano di acquistare società con forti prospettive di crescita anche a prezzi che potrebbero sembrare alti, se osservati con i multipli di valutazione “tradizionali”, e mirano ad ottenere forti rendimenti dall’aumento del prezzo delle azioni, ma non si aspettano di ricevere dividendi nel prossimo futuro.

Una crescita elevata non esclude, però, la presenza di un business stabile, e viceversa. Come affermano Warren Buffett e Charlie Munger, ogni investimento è un investimento “di valore” (value), a prescindere dalle caratteristiche strutturali della società che potrebbero portarla a ricadere in una determinata categoria.

Dunque, la differenza tra azioni value e growth potrebbe non essere così marcata. Molte società sfruttano proprio le loro dimensioni per generare maggiori efficienze in termini di costi o per operazioni di acquisizione di altre imprese, riuscendo a produrre bilanci solidi nel tempo e con livelli di indebitamento sostenibili.

Apple, valutata oltre 2.000 miliardi di $ dal mercato, potrebbe essere l’emblema di quanto la rilevanza del confine tra società value e growth nei mercati azionari sia sempre minore. Tale distinzione è stata intaccata anche dagli eventi del 2020, che hanno portato il mercato a dare molto peso alla suddivisione tra le azioni “stay-at-home” e quelle legate allo svago della vita all’aperto successiva ai lockdown, divisione comunque collegata al dualismo value-growth. Anche queste considerazioni sull’influenza delle chiusure sulla suddivisione delle azioni sono una mera (ma talvolta utile) generalizzazione, ed Apple è un chiaro esempio anche di ciò. Per questi motivi e non solo, sono state introdotte nuove categorie intermedie di indicizzazione nella classificazione delle società, come “blend” o “core”. Tuttavia, anche in questo caso i confini tra le categorie possono non essere chiari.

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Apple può essere considerata una società value per l’elevatissimo valore del suo brand, stimato essere pari a 612 miliardi di $ secondo Kantar BrandZ, stabilito grazie a decenni di impegno del management. Ciononostante, l’assenza di questo numero nei bilanci porta il valore di alcuni multipli di valutazione a livelli molto alti, addirittura superiori a quelli delle growth stocks. Il rapporto P/B (Price-to-Book), è pari a 30, anche al di sopra della media del Morningstar Broad Growth Index, pari a 7.

Bisogna anche sottolineare che Berkshire Hathaway, holding di Warren Buffett e Charlie Munger, possiede 887 milioni di azioni Apple per un valore, alla data di bilancio 2020, di oltre 108 miliardi di $, pari al 5,30% del totale della capitalizzazione di Apple. Questo investimento rappresenta la fetta maggiore del portafoglio di Berkshire, società che non investirebbe mai così tanto in una società senza un valore intrinseco certo e un posizionamento competitivo solido e duraturo nel tempo. Inoltre, Apple può permettersi non solo di rilasciare dividendi, caratteristica tipica delle azioni value, ma anche di accrescerli in maniera rilevante: dal 2018 al 2019, l’ammontare di dividendo annuale versato agli azionisti è aumentato del 7,80%, dal 2019 al 2020 l’incremento è stato del 6%. I dividendi non sono l’unico modo in cui una società, tipicamente value, può remunerare i propri azionisti. Anche il riacquisto di azioni proprie (Share Buyback) consente la creazione di valore per chi detiene le azioni: andando a ridurre il numero di azioni in circolazione, riacquistandole appunto, l’utile per azione (EPS) aumenta, a parità di altri fattori. 

Per comprendere l’entità dell’impatto dei programmi di Share Buyback di Apple, si può tornare indietro fino al bilancio del 2013. All’epoca, le azioni utilizzate per il computo degli EPS Basic erano circa 925.000. Dal 2013, vi sono stati due stock-split, che hanno aumentato il numero di azioni in circolazione di 28 volte. Dunque, senza riacquisto di azioni proprie dal 2013 al 2020, oggi le azioni in circolazione di Apple sarebbero circa 26 milioni. Invece, il numero effettivo di azioni per il calcolo degli EPS basic è di poco più di 17 milioni per l’anno fiscale 2020. Una differenza enorme: al bilancio annuale, gli utili per azione basic sono pari a 3,31$. Senza Share Buyback, sarebbero pari a 2,20$, un valore inferiore del 33% rispetto a quello attuale. 

Il P/E ratio è uno dei multipli di valutazione più noti. Per Apple, il P/E Trailing, che include cioè gli utili conseguiti nell’ultimo anno, è pari a 28. Confrontandolo con quello dello S&P 500, pari a 25,30, si nota come il valore per Apple sia soltanto maggiore dell’11%, e la stessa differenza percentuale (23,30 per Apple e 21 per l’indice di riferimento), si osserva nel caso del P/E Forward, che misura il rapporto con gli utili previsti per il prossimo anno. Il valore per la società di Cupertino si trova nel mezzo del valore per il P/E Forward tra quello delle società growth, per le quali il multiplo è pari a oltre 26, e delle value, per le quali è pari a 17,4. L’attuale valutazione di mercato dal punto di vista del rapporto prezzo-utili non posiziona dunque Apple in nessuna delle due categorie in maniera decisa. In ogni caso, le valutazioni di mercato attuali sono superiori alla media sia per le aziende value che per quelle growth. Queste ultime, in particolare, hanno raggiunto valutazioni paragonabili a quelle del 1998, una quindicina di mesi prima dello scoppio della bolla Dot-com, a seguito della quale il P/E delle growth si ridusse del 75% e quello delle value del 50%, con una tendenza di svariati anni fino alla crisi del 2007-2008.

La maggior parte degli investitori considera Apple un’azione appartenente alla categoria growth più che a quella value. Infatti, growth significa crescita, e in effetti è difficile negare che Apple sia un’impresa caratterizzata da una forte crescita. Osservando alcuni parametri più di carattere operativo, questo punto di vista sembra essere chiaramente il più valido al momento. La forte crescita relativa delle vendite, del fatturato e del Cash Flow è paragonabile alla media dell’indice Morningstar Broad Growth Index, anche se la valutazione ottenuta osservando il solo P/E potrebbe far pensare diversamente. In sintesi, le valutazioni di mercato e i parametri operativi non consentono di posizionare Apple in maniera univoca né all’interno della categoria value né in quella growth.

La società californiana potrebbe trovarsi nel mezzo, e propendere maggiormente verso una delle due classificazioni a seconda del punto di vista dell’osservatore: value se si osserva il valore del brand, i dividendi, la pesante partecipazione di Berkshire Hathaway, growth guardando invece ai parametri di crescita operativa

Un business in continua evoluzione

Analizziamo più nel dettaglio il business della società fondata da Steve Jobs per comprendere meglio la sua posizione all’interno dello spettro value-growth.

Da sempre attenta all’innovazione, Apple ha speso quasi 50 miliardi di $ negli ultimi tre anni fiscali in ricerca e sviluppo, pari al 16,40% del risultato lordo totale di 305 miliardi di $, anche a causa della crescente pressione competitiva da parte di aziende statunitensi e internazionali, come Huawei e Samsung per gli smartphone, Lenovo e HP per i computer o Google per i servizi cloud. Questa fortissima innovazione l’ha portata a posizionarsi in una serie di prodotti e servizi eterogenei ma integrati perfettamente in un più ampio ecosistema. Per osservare la portata di tale innovazione basta dare un’occhiata ai brevetti che ha registrato: tra essi, solo nel 2021, si possono trovare le tecnologie più disparate, come guanti dotati di sensori, tastiere waterproof, smart-ring e persino accessori virtual reality per i piedi da usare nei videogiochi.

Le due categorie di offerta di Apple al pubblico sono prodotti e servizi.Il segmento prodotti è attualmente composto da iPhone (nota bene: asse dx nel grafico del fatturato delle categorie), Mac, iPad e dalla categoria “Wearables, Home and Accessories” (WHA), che comprende AirPods, Apple TV, Apple Watch, Beats, HomePod, iPod touch, AirTag e altri, sia Apple-branded che non.La parte dei servizi è invece suddivisa in Advertising, AppleCare, Cloud Services, Digital Content (inclusi App Store, Apple Arcade, Apple Music, Apple TV, Apple Fitness e Apple TV+) e Payment Services (inclusi Apple Card e Apple Pay).

Analizzando i report annuali di Apple dal 2016 al 2020, si può osservare facilmente che il fatturato iPhone e iPad ha visto la crescita annualizzata più bassa, rispettivamente dello 0,20% e del 2,90%. Il segmento Mac, passato da 22,8 miliardi di $ nel 2016 a 28 miliardi nel 2020, ha visto invece una crescita annualizzata (CAGR) del 5,30% nell’arco di tempo considerato. Tuttavia, ciò che colpisce maggiormente è la crescita relativa all’insieme di prodotti del segmento WHA, con un fatturato passato da 11 miliardi di $ del 2016 ai 31 miliardi dell’anno fiscale 2020 con un’incredibile CAGR di oltre il 29%. Apple non rivela le vendite esatte delle sottocategorie WHA, ma, secondo alcune stime, soltanto le cuffie AirPods avrebbero contribuito con oltre 20 miliardi di $ di fatturato. Se questo numero fosse esatto, il fatturato derivante da questo prodotto sarebbe superiore a quello di intere società come NIO, Shopify, NVIDIA o Square.

Nel grafico possiamo osservare la crescita composta del peso percentuale di ogni categoria rispetto al fatturato totale (linee grigie) e la crescita del fatturato di ogni segmento (linee arancioni). Una parte del business di Apple (iPhone, Max e iPad) ha conosciuto una crescita relativamente bassa negli ultimi anni, mentre la restante parte (WHA e Services) è cresciuta in maniera sostanziale. 

Per quanto riguarda i servizi, le vendite specifiche di ciascuna categoria non vengono pubblicate, ma basta osservare l’andamento complessivo del relativo fatturato per capire come Apple stia diventando sempre più una società orientata in questa direzione. Il fatturato relativo ai servizi è più che raddoppiato dal 2016 al 2020, passando da 24 a 54 miliardi di $, quasi il 20% del totale.

È per questo che Apple sta riducendo sempre di più la sua dipendenza dal suo prodotto più importante, iPhone (nota bene: asse dx), passato dal 62% del fatturato nel 2016 al 50% del 2020, e sta diventando sempre maggiormente una società di servizi e dispositivi smart (WHA).

Se i servizi di Apple fossero una società a parte, essa sarebbe al 60º posto delle società statunitensi per ricavi Fortune 2020, e tra le prime 10 in ambito tech, prima di società tech come Oracle, Cisco, HP, Qualcomm o Adobe. Tra le società del settore (Business Services), i servizi di Apple sarebbero persino al primo posto.

Per comprendere meglio la situazione della società californiana, la si potrebbe suddividere appunto in questi due ipotetici segmenti: “Prodotti (escluso WHA)” e “WHA e Servizi” (nota bene: asse dx). Il primo gruppo ha avuto una crescita “da società value” negli ultimi 4 anni (1,20% p.a.), mentre il secondo ha ottenuto risultati “da vera azione growth” (24,50% p.a.).

I dati dei report annuali terminano a settembre, quando la società chiude il suo anno fiscale. Analizzando dunque i due report trimestrali del Q1 e Q2 FY 2021, ossia con dati fino al 27 marzo 2021, possiamo osservare un quadro ancora più recente. I dati di breve termine sembrano mostrare una situazione opposta rispetto a quello dell’analisi degli ultimi 4 anni.

Infatti, le categorie con la crescita del fatturato maggiore in questo periodo rispetto a quello dell’anno precedente sono state iPad, Mac e iPhone, con un aumento rispettivamente del 57%, 42% e 34%. Al contrario, Services e WHA sono cresciuti “soltanto” del 25% e 28% su base annua.

Apple è un’azienda molto complessa. Non solo ha numerosi business al momento, sia per quanto riguarda i prodotti che per i servizi, ma è probabile che in futuro si espanderà in segmenti del tutto diversi. Alcune indiscrezioni parlano di un concept relativo alla “Apple Car”, un’auto elettrica a guida autonoma alla quale la società starebbe lavorando in vista di un possibile lancio intorno al 2025-2027. Altre voci parlano del lancio di un headset di realtà aumentata e degli occhiali smart.

Già oggigiorno, è una società a caratterizzata da una fortissima crescita in vari aspetti, e potrebbe tendere ancora di più verso la categoria growth nei prossimi anni, se l’attuale trend nei servizi e nel segmento WHA dovesse continuare.

La lezione più generale che Apple può dare agli investitori è che ogni azienda ha delle caratteristiche uniche su vari livelli che la posizionano nell’ambiente competitivo. La qualità dei prodotti/servizi, la solidità della struttura del capitale, l’approccio strategico e l’immagine della società nella mente dei consumatori sono solo alcuni dei fattori che devono determinare il valore di un’impresa, e le mere categorizzazioni non sono sicuramente sufficienti, soprattutto in un’epoca di cambiamenti così rapidi come oggi.

Fonti:

  • Apple – Form 10k
  • Berkshire Hathaway – Form 10k
  • Fidelity
  • Fortune
  • Gurufocus
  • Kantar BrandZ
  • MacRumors
  • Morningstar
  • Patently
  • Refinitiv
  • Yahoo Finance
  • Yardeni Research

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